img2_sxA cura del Prof. Paolo Gigli vice presidente Sitri

È la più frequente delle alopecie definitive non cicatriziali: da cui il termine di “Calvizie Comune”.
L’Alopecia Androgenetica è condizione cronica, geneticamente determinata, caratterizzata dalla progressiva involuzione in miniaturizzazione dei follicoli piliferi del cuoio capelluto e dei capelli che ne derivano.
È detta anche, con termini sempre inadeguati, seborroica, precoce, maschile. Lo stesso termine di “androgenetica” è da considerare comunque riduttivo.
L’alopecia androgenetica è la conseguenza del Defluvio Androgenetico che consiste in una progressiva superficializzazione, depigmentazione e miniaturizzazione fino alla totale atrofia, dei follicoli dei capelli dell’area frontoparietale e del vertice.
Clinicamente è definita (secondo Hamilton) da un progressivo arretramento della linea di inserzione dei capelli, dalla apertura degli angoli frontoparietali (stempiatura) che dà alla linea frontale la caratteristica forma maschile a M, dalla lenta perdita dei capelli del vertice fino al coinvolgimento alopecico di tutta la parte alta del cuoio capelluto con tipico risparmio della nuca e delle zone temporali sopra auricolari, per arrivare infine alla “calvizie a corona”.
L’alopecia androgenetica è accompagnata spesso ma non costantemente da seborrea e desquamazione furfuracea.

È ormai accettato che il complesso follicolo-pilo-sebaceo, con le sue funzioni e disfunzioni, è condizionato dallo stimolo androgeno.

L’alopecia androgenetica è sostenuta dalla presenza dei normali ormoni androgeni nel plasma, da una ereditarietà multigenica familiare (da cui il termine androgenetica), dalla attività nei follicoli piliferi di enzimi capaci di convertire gli androgeni in ormoni attivi verso il follicolo stesso. In particolare risulta determinante l’attività dell’enzima 5-alfa-reduttasi, convertitore del testosterone in diidrotestosterone (DHT).

Alopecia frontoparietale
Dalla alopecia androgenetica vera deve essere distinta l’alopecia frontoparietale maschile fisiologica.
Per capire cosa è l’alopecia frontoparietale è importante considerare come progredisce la perdita di capelli nell’uomo e nella donna.
Nell’uomo si ha dapprima un innalzamento della linea frontale dei capelli accompagnato da diradamento del vertice, poi un diradamento alle tempie che dà al taglio dei capelli la caratteristica forma maschile a M.
Fin qui la caduta di capelli maschile può essere considerata fisiologica e non obbligatoriamente un preludio alla calvizie, preferiamo pertanto parlare di “alopecia frontoparietale maschile fisiologica”.
La considerazione che ci sono uomini stempiati ma non calvi e uomini calvi ma non stempiati, e l’osservazione che gli inibitori della 5-alfa-reduttasi hanno scarso effetto nel ridurre la velocità di progressione della alopecia frontoparietale fa supporre che quest’ultima sia indotta dal testosterone mentre la calvizie (vera) dal suo metabolita diidrotestosterone.
Nella calvizie maschile il vertice lentamente si svuota e l’alopecia progressivamente confluisce con le zone calve frontoparietali, lasciando dapprima un’isola di risparmio al di sopra della fronte, per arrivare infine alla “calvizie a corona”.
A questo punto, in genere, il defluvio si stabilizza con risparmio delle zone temporo occipitali ed il processo si arresta.

alopecia1

Che la caduta dei capelli in zona frontoparietale e la regressione della linea frontale (la cosiddetta stempiatura) siano dovute ad azione diretta del testosterone, a differenza della alopecia androgenetica vera che interessa il vertice e che è dovuta alla azione del diidrotestosterone, è dimostrato da alcune cosiderazioni di ordine clinico:

  1. Tutti gli uomini sono, di norma, stempiati (per effetto del testosterone).
  2. Non tutti gli uomini sono calvi (la calvizie vera, del vertice, è ereditaria e dovuta al diidrotestosterone; la presenza del testosterone non basta a provocare la calvizie).
  3. Le donne calve (per effetto del diidrotestosterone) non sono, di norma, stempiate (la presenza del DHT provoca loro la calvizie ma non la stempiatura).
  4. Quando una donna ha un tumore testosterone secernente si stempia (la presenza del testosterone è sufficiente a provocare la stempiatura) ma non obbligatoriamente diventa calva (la calvizie vera, del vertice, è ereditaria e dovuta al diidrotestosterone, la presenza del testosterone non basta).

Ma… esiste davvero l’alopecia androgenetica femminile?

L’alopecia androgenetica è il risultato di un processo combinato androgeno-dipendente e di una trasmissione genetica.
È ormai comunemente accettato che l’alopecia androgenetica maschile è associata ad un aumento dell’attività della 5-alfa-reduttasi, con incremento locale della produzione di diidrotestosterone, oppure ad una maggiore sensibilità locale all’azione del DHT. Questo è stato dimostrato principalmente, se non esclusivamente, negli uomini e poi, riteniamo impropriamente, esteso alle donne.

L’incremento dell’attività 5-alfa-reduttasica o della sensibilità locale al DHT spiega la ben nota efficacia degli inibitori della 5-alfa-reduttasi.
Il meccanismo attraverso il quale dall’aumento del diidrotestosterone locale si arriva alla miniaturizzazione e poi alla perdita dei capelli non è affatto chiarito. Personalmente riteniamo che la chiave per comprendere il processo di miniaturizzazione sia nella produzione locale di ormoni durante il catagen.
Comunque, se si considera il processo di calvizie come androgeno dipendente, l’alopecia androgenetica deve essere limitata alle sole aree recettrici degli androgeni. Nel cuoio capelluto questi recettori sono stati individuati solo nell’area frontale e nel vertice, e non nell’area temporale ed occipitale. In effetti negli uomini è così e l’alopecia androgenetica si presenta solo in queste zone, mentre nelle donne la caduta dei capelli è raramente localizzata a queste sole aree, anche quando con l’avanzare dell’età vi sono ampie zone calve. Nelle donne l’alopecia è, di solito, diffusa anche alle zone non androgeno dipendenti. Inoltre i livelli ormonali degli androgeni nella donna sana sono sempre molto più bassi di quelli presenti nel maschio. Anche il maschio in terapia con finasteride ha livelli di DHT circa 10 volte superiori a quelli della donna con alopecia, il che la fa malamente definire come “androgenetica”.

In sostanza gli inibitori della 5-alfa-reduttasi appaiono inefficaci nelle donne.
Dosi farmaceutiche di estrogeni (gravidanza, contraccezione) hanno spesso un effetto benefico su molti casi di alopecia probabilmente attraverso meccanismi non anti-androgeni. Dosi farmacologiche di estrogeni, di solito associate ad agenti antiandrogeni simili al progesterone, vengono ampiamente usati, nella alopecia femminile, con buoni risultati che tuttavia non sono stati provati da trial clinici. È importante anche precisare che la papilla dermica ha un’aromatasi, specificamente nell’area occipitale, la cui funzione non è stata ancora ben definita nell’ambito dell’alopecia femminile.

alopecia3Nelle donne, fatta eccezione per qualche raro caso di anomala produzione ormonale surrenalica o ovarica per difetto enzimatico o per tumore secernente, l’alopecia appare molto diversa da quella maschile ed i meccanismi appaiono differenti ed, anche se non ancora del tutto chiariti, quasi sempre assimilabili a quelli del telogen effluvio cronico o ad una situazione da carenza locale di estrone.
I casi di quelle ragazze con capelli fini e diradati su tutto il cuoio capelluto (ma più sul vertice e nella zona frontale) con la madre (spesso) nelle stesse condizioni ma con mestruo e fertilità normale, senza eccesso di androgeni circolanti ed in cui non è possibile reperire chiari elementi clinico laboratoristici che ci facciano deporre per un telogen effluvio ci fanno pensare a una resistenza periferica familiare del follicolo alla azione degli estrogeni (deficit di 17 steroido ossidoriduttasi, aromatasi, 3 alfa riduttasi). Sono cioè alopecie carenziali!

Tutto questo ha risvolti terapeutici fondamentali:
gli inibitori della 5-alfa riduttasi sono inefficaci nelle donne;
una terapia topica con estrone o 17 alfa estradiolo può risultare efficace in molti casi;
se invece l’alopecia della donna interessa realmente e solo il vertice con la “chierica maschile” ed ancor più la zona frontoparietale con chiara “stempiatura” a pattern maschile si dovrà sospettare una fonte di androgeni e si dovranno effettuare le seguenti indagini:

Testosterone
17 OH progesterone
Ecografia addominale e pelvica
Non basta la presenza di un comune “ovaio micropolicistico” (che non è una malattia!) a provocare un’androgenetica femminile a pattern maschile ma occorre qualcosa di ben più grave come un tumore ovarico o surrenalico secernete androgeni o un deficit enzimatico surrenalico come quello di 21 idrossilasi.
La terapia medica della calvizie

La terapia medica della calvizie può avvalersi di principi attivi somministrati sia per via sistemica (orale o intramuscolare) oppure per via topica (lozioni principalmente). A seconda del livello di gravità del processo e del suo stadio evolutivo le 2 vie di somministrazione possono essere usate separatamente o assieme.
La terapia sistemica ha come finalità principale la correzione delle anomalie endocrino- metaboliche alla base del processo androgenetico e l’integrazione di eventuali carenze di oligoelementi documentate dagli esami ematochimici.
La terapia topica rappresenta in una percentuale elevata di casi il cardine principale della terapia in quanto il cuoio capelluto per la sue caratteristiche anatomiche ben si presta all’assorbimento di principi attivi applicati localmente soprattutto se liposolubili.

La via sistemica e la via topica hanno entrambe vantaggi e svantaggi: ovvio che la via sistemica espone tutto l’organismo a potenziali effetti collaterali relativi al farmaco somministrato, dall’altro lato la via topica pur non esponendo a tali problemi, risulta per molti pazienti poco pratica necessitando di applicazioni biquotidiane di lozioni.

Finalità principale di ogni terapia del defluivo androgenetico è l’inibizione dell’enzima 5 alfa redattasi responsabile della conversione del testosterone in diidrotestosterone. Quest’ultimo è l’ormone che causa la miniaturizzazione dei capelli.

Inibitori della 5 alfa redattasi:
Finasteride
Fitosteroli (saw palmetto)
Bohemeria nipononivea
17 alfa estradiolo
Progesterone
– La finasteride è stato il primo farmaco utilizzabile per via orale nel trattamento dell’alopecia androgenetica. Si tratta di un inibitore della 5 alfa reduttasi di tipo 2 ,numerosi trials clinici hanno dimostrato che la finasteride somministrata per via orale alla dose di 1 mg die è risultata curativa nei confronti dell’alopecia androgenetica maschile. La finasteride è generalmente ben tollerata gli effetti collaterali si verificano in circa il 2% dei casi e sono comunque reversibili alla cessazione del farmaco. I side più comuni sono: riduzione della viscosità dello sperma, modificazioni della libido,impotenza.
– Esistono numerosi preparati in commercio di origine naturale a base di acidi grassi che possono essere usati nel trattamento sistemico dell’alopecia androgentica in quanto dotati di azione di inibizione sulla 5 alfa redattasi, e di antagonismo sui recettori per gli androgeni. Possono rappresentare un alternativa non farmacologica alla finasteride quando questa non possa essere usata. Tra i più conosciuti il saw palmetto e la Bohemeria nipononivea –

– La terapia topica con estrogeni, un tempo proscritta, merita una riconsiderazione e una revisione.
Gli estrogeni sono dotati di un buon assorbimento transcutaneo, valutabile nel 10-14% in condizione ideale e con medicazione occlusa, l’uso topico del 17 beta estradiolo ha dimostrato un effetto sistemico evidente. Pur con questa limitazione il suo utilizzo nel defluvio androgenetico e nella terapia sostitutiva postmenopausale della donna, tenuto conto delle controindicazioni generali all’uso di estrogeni, appare razionale e scevro da effetti indesiderati.
Se poi consideriamo che lo steroide più attivo, in senso tricologico, è il debole estrone, usandone per applicazioni topiche un ml di una soluzione allo 0,02%, cioè 0,2 mg di ormone, anche ammettendo un assorbimento del 10% (del tutto teorico), si potrà valutare la dose massima assorbibile intorno a 0,02 mg. e poiché la attività biologica dell’estrone è circa 1/20 di quella dell’estradiolo si comprende bene come anche un suo possibile assorbimento (pari come attività biologica ad una dose di 0,001 mg di estradiolo) può essere accettato come del tutto sicuro.
L’estrogeno ideale in senso tricologico potrebbe poi essere identificato nel 17 alfa estradiolo ; questo è certamente utilizzabile dal follicolo pilifero e non possiede effetti femminilizanti per cui può essere usato con sicurezza anche nei maschi ma è completamente inattivo se assorbito come tale dal circolo sistemico.

Presupposto teorico della terapia è che l’alopecia androgenetica sia dovuta a scarsa impregnazione estrogenica dei follicoli del cuoio capelluto. Per la terapia si usa una soluzione idro-alcolica (etanolo 50°) di estrogeni coniugati allo 0,01-0,02% applicata sulla parte alta del cuoio capelluto una volta al giorno o a giorni alterni o anche solo due volte alla settimana, nella quantità di 1-2 ml (= 0,1-0,4 mg di principio attivo). I risultati sono apprezzabili in ambedue i sessi (vedi Marliani A : “La terapia medica della calvizie comune”).
Degno di nota il fatto che mai abbiamo avuto segnalazioni di effetti collaterali dovuti ad azione generale degli estrogeni coniugati, questo perché la soluzione impiegata contiene principalmente estrone solfato, steroide biologicamente inattivo ed estrogeni comunque solfatati ed utilizzabili solo da tessuti muniti di solfatasi e quindi in grado di desolfatarli, come appunto il follicolo pilifero e/o l’intestino (dove la desolfatazione, che è opera della flora batterica, ne rende possibile la somministrazione orale).

Schermata 2015-11-01 alle 17.52.57

 

 

 

 

 

 

– Il progesterone naturale, i suoi derivati diretti e quelli 17 alfa idrossilati si sono dimostrati capaci di inibire l’attività 5 alfa reduttasica per competizione con il testosterone. Per uso locale il progesterone naturale ed i suoi derivati 17 idrossilati, si sono dimostrati capaci di inibire l’attività 5 alfa reduttasica dal 70 all’87% nei soggetti trattati (Zappalà F. – Mauvais-Jarvis P.). Dopo applicazione epicutanea circa il 10% del progesterone somministrato supera rapidamente lo strato cutaneo, viene concentrato nei tessuti epidermici, dermici e ghiandolari e quindi per la massima parte metabolizzato gradualmente in derivati inattivi a livello del complesso follicolo-pilo-sebaceo (Fayolle J. – Mauvais-Jarvis P.). Il passaggio nel circolo sistemico (assorbimento) è estremamente ridotto e le concentrazioni seriche dello steroide rimangono pressoché invariate (Manfredi G. – Mauvais-Jarvis P.) e non vi sono alterazioni delle gonadotropine.

Schermata 2015-11-01 alle 17.53.45

 

 

 

 

 

 

E’ stata in commercio una preparazione etica di progesterone per uso topico ma a concentrazione probabilmente troppo bassa (0,5%) per poter evidenziare appieno gli effetti terapeutici.
Possiamo trattare con soluzione topica di progesterone naturale i pazienti di sesso maschile affetti defluvio androgenetico maschile e selezionati per una tipica alopecia già incipente o per una chiara ereditarietà familiare. Il progesterone è stato usato in passato concentrazioni variabili (sempre più alte col passare degli anni) di 0,5-0,1-0,15-2-3-4% in soluzione idro alcolica (etanolo 60-70%) nella dose di 4 ml al giorno (20-40-60-100 mg die). Si è notata una quasi costante riduzione della percentuale dei telogen, tanto più significativa quanto più alta era la concentrazione di ormone nella soluzione usata (vedi Marliani “la terapia medica della Calvizie comune”).
Degna di nota è la quasi assoluta mancanza, nella mia casistica personale, di effetti collaterali ad eccezione di quelli imputabili all’eccipiente alcolico del progesterone: bruciore della cute, secchezza dei capelli (peraltro indice clinico di blocco della 5 alfa reduttasi), pitiriasi secca (forfora).

Altra strada terapeutica è la possibilità di utilizzare farmaci che impediscano il legame tra gli ormoni androgeni ed i recettori specifici. Si parla in questo caso di antagonisti recettoriali:

  • Spironolattone
  • Ciproterone acetato
  • Canreonato di potassio

Lo spironolattone è un composto steroideo sintetico analogo strutturale dell’aldosterone e del progesterone. E’ il più noto dei “progestinici lattonici”, così detti per la presenza di un anello lattonico in C17. I progestinici lattonici sono anche caratterizzati da un gruppo chetonico in C3 ed un doppio legame tra C4 e C5. Tipico dello spironolattone è un gruppo tiacetico in posizione 7 alfa.
Lo spironolattone compete con l’aldosterone a livello dei siti recettoriali citoplasmatici dove forma complessi inattivi. Per la sua attività antialdosteronica lo spironolattone è da tempo utilizzato come diuretico ed antiipertensivo, effetti che di fatto sono evidenti solo se esiste una espansione di volume plasmatico e/o una ipertensione da iperaldosteronismo.
L’uso clinico di questo farmaco ha inoltre evidenziato una attività antiandrogena e femminilizzante, simile a quella del ciproterone, che successivamente si è dimostrato esplicarsi a livello periferico con un meccanismo competitivo (analogo a quello del ciproterone acetato) sul recettore citosolico del diidrotestosterone e dell’androstandiolo.
Lo spironolattone è quindi un potente antiandrogeno recettoriale.

Considerata la sua attività a livello dei recettori citosolico del diidrotestosterone e dell’androstandiolo lo spironolattone può essere usato anche topicamente a concentrazioni variabili dallo 0,3 al 5%. I risultati oggettivi sull’acne (crema all’1-5%) sono buoni o ottimi in oltre il 90% dei casi; decisamente buoni sono anche gli effetti dello spironolattone sulla seborrea del cuoio capelluto (soluzione idro-alcolica allo 0,3-1%); interessante l’utilità nel trattamento del defluvio androgenetico.

Nel defluvio in telogen lo spironolattone (1%) è stato usato anche associato al progesterone (2%) in alcol etilico 80% per evitare un possibile accumulo di diidrotestosterone dovuto al blocco del suo metabolismo (Marliani A). Infatti il diidrotestosterone, se non metabolizzato rapidamente ad androstandiolo, potrebbe favorire l’inibizione della adenilciclasi e quindi una riduzione dei processi metabolici della matrice e della papilla del follicolo del capello (Adachi K.).
L’associazione con progesterone dovrebbe poter evitare l’eccessiva formazione di diidrotestosterone ed inoltre realizzare un blocco sequenziale sul metabolismo del testosterone e di fatto ha dato risultati migliori di quelli ottenuti con solo progesterone ma inferiori a quelli del solo ciproterone acetato.
L’uso topico dello spironolattone non ha mai portato nella mia esperienza ad effetti collaterali riferibili ad azione ormonale, si è però osservato un effetto aggressivo valutabile nell’l,5% dei casi per la crema e nello 0,5% dei casi per la soluzione. Questo effetto aggressivo si è manifestato nella maggior parte dei casi con una lieve irritazione che non ha richiesto sospensione della cura ed è regredito poi spontaneamente o con dermatiti ortoergiche più vistose e non tollerate dal paziente che ha dovuto interrompere la terapia ed infine, raramente, si è osservato un eczema, con le caratteristiche dell’eczema allergico da contatto e con patch test positivo.

Un altro “effetto collaterale” dello spironolattone per uso topico è il cattivo odore di “solfuro” che lo caratterizza. Questo è dovuto all’idrolisi del gruppo tioacetico, debolmente legato allo steroide in posizione 7 alfa, che si realizza con l’umidità ambientale.

Quando lo spironolattone viene “preparato” in crema (acqua/olio) o in soluzione (etanolo/acqua), lentamente si libera acido tiacetico il cui odore, sgradevole, è mal tollerato da alcuni pazienti. Nelle soluzioni idroalcoliche l’odore dell’acido tioacetico può essere mascherato dal mentolo (0,5%). Lo spironolattone potrebbe inoltre essere sostituito con canrenoato di potassio che, privo del gruppo tiazoico, non presenta il problema dell’odore ma questa molecola è di più difficile reperibilità e certamente più costosa.

Il ciproterone si lega con il recettore citosolico con più affinità del diidrotestosterone e ne impedisce, quindi, il trasporto nel nucleo cellulare. Inoltre il ciproterone possiede certamente una debole azione inibente sulla 5 alfa reduttasi (azione comunque discussa e meno spiccata di quella del progesterone naturale). Il ciproterone acetato sembra possedere anche i requisiti fondamentali per essere usato topicamente a concentrazioni di 0,5-1% in soluzione idroalcolica. Con l’uso topico, sempre peraltro sconfessato dalla casa produttrice del farmaco, ci si propone di poter ottenere nella cute una concentrazione di steroide superiore a quella ottenibile con la somministrazione per via orale evitando al contempo gli effetti sistemici che ne precludono l’utilizzo al maschio.

L’assenza di alterazioni, durante la terapia topica, delle concentrazioni plasmatiche delle gonadotropine e del testosterone, depone per uno scarso (o assente) assorbimento o per una rapida inattivazione metabolica locale simile a quella del progesterone. I netti miglioramenti dei tricogrammi dei pazienti trattati depongono altresì per l’efficacia topica dell’ormone (Marliani A.).

Rileviamo ancora che, poiché l’azione antiandrogena prevalente del ciproterone è dovuta alla sua affinità col recettore citosolico del diidrotestosterone, una preparazione per uso topico di progesterone e ciproterone, insieme, dovrebbe poter realizzare una blocco sequenziale del metabolismo intrafollicolare del testosterone presumibilmente di buona efficacia terapeutica e, a mio parere, di buona maneggevolezza.

Esiste inotre una tipologia diversa di principi attivi che agisce con meccanismo non “ormonale “andando ad allungare la fase anagena cioè la fase di crescita del capello che risulta accorciata nell’alopecia androgenetica:

  • minoxidil
  • xantine

MINOXIDIL (e sostanze correlate)
Chimicamente il minoxidil è una 2,4 diamino-6-piperidino-pirimidina-3-ossido con peso molecolare di 209,25.
Si tratta di un vasodilatatore periferico diretto, attivo per via orale, senza interessamento dei recettori beta adrenergici che non vengono bloccati. E’ un farmaco ad elevata attività, con emivita media di 4,2 ore, la cui indicazione era, in origine, il trattamento della ipertensione refrattaria alle comuni terapie.
La sua “avventura” come anti calvizie inizia nel 1979, quando Burton e Marhall descrissero una ipertricosi interessante la fronte, i padiglioni auricolari, le tempie, le sopracciglia e gli avambracci di un uomo di 50 anni, iperteso, che assumeva minoxidil al dosaggio di 15 mg/die ed ipotizzarono che una formulazione topica del farmaco potesse stimolare la crescita locale dei capelli nelle forme iniziali di calvizie.

Zappacosta, nel 1980, descrisse un caso di “inversione di defluvio androgenetico” in un paziente in cura con il minoxidil.
L’assorbimento del farmaco per uso topico pare essere molto basso, intorno all’1,4% della dose applicata (con oscillazioni da 0,3 a 4,5 %), vale a dire 0,28 mg/die, attenendosi alla posologia consigliata di 2 ml di soluzione al 2% al giorno e in circa 4 giorni il 95% viene escreto (nella quasi totalità) attraverso le urine. L’efficacia del minoxidil come anti calvizie è ormai accettata. Il farmaco sembra in grado di fermare e talvolta invertire il progressivo miniaturizzarsi del capello, cioè l’involuzione del pelo terminale a pelo vellus tipica del defluvio androgenetico.
Sotto quest’ottica è chiaro che il farmaco può agire solo dove esiste un centro germinativo, non potrà quindi mai far crescere peli sui polpastrelli o su una zona di alopecia cicatriziale.
La valutazione dei risultati ottenuti con il minoxidil ha sofferto di soggettività e per questo le varie casistiche parlano di risultati positivi dal 10 al 70%. L’effetto terapeutico comincia a manifestarsi dopo una latenza di 4 – 6 mesi. Il minoxidil combatte il sintomo, ossia la miniaturizzazione progressiva dei capelli ma non agisce minimamente sulle cause genetico-endocrine della calvizie, pertanto la sua efficacia è parziale e sembra perdurare solo finché viene applicato. Una volta penetrato nel follicolo pilifero e nel derma il minoxidil viene metabolizzato in solfato di minoxidil, che pare essere il suo metabolita attivo.
L’emivita del farmaco applicato sulla cute è mediamente di 22 ore e ciò giustifica anche la prescrizione di una sola applicazione giornaliera.
Il minoxidil nelle formulazioni disponibili in commercio è al 2%-5% in soluzione alcoolica 70°. L’impiego di concentrazioni più elevate, fino al 5%, come riferito da alcuni studiosi americani, non ci trova d’accordo in quanto aumenta il rischio di effetti collaterali e, probabilmente, espone il paziente al rischio di un telogen effluvium.

In conclusione con il minoxidil abbiamo a disposizione un’ulteriore arma contro la calvizie, attiva sul controllo metabolico del capello. Il minoxidil è un vero farmaco che deve essere quindi prescritto dal medico e la sua utilità è maggiore se i soggetti da trattare vengono preventivamente selezionati evitando inutili rischi a chi presenta altre malattie del cuoio capelluto e inutili spese a chi ormai è affetto da calvizie irreversibile.

Le xantine appartengono al gruppo chimico delle basi puriniche che includono alcune sostanze endogene molto importanti quali la guanina, l’adenina, l’ipoxantina, l’acido urico.
Il sostantivo “xantine” deriva dal greco xanthõs, che significa giallo, a causa del colore che prendono questi composti quando vengono essiccati in presenza di acido nitrico.
Dal punto di vista medico tre sono le xantine più importanti: la teofillina, la teobromina e la caffeina. Si tratta di tre alcaloidi con costituzione chimica simile ampiamente distribuiti nel mondo vegetale. La caffeina si trova nei frutti della “coffea arabica” e specie similari dalle quali si ricava il caffè; la teobromina è contenuta nei semi di “teobroma cacao” con i quali si ottiene il cacao ed il cioccolato; la teofillina e la caffeina si trovano nelle foglie di “thea sinensis” da cui si ricava il tè. La caffeina, la teofillina e la teobromina sono xantine metilate e vengono spesso denominate metilxantine. La caffeina è 1,3,7 trimetil-xantina; la teofillina è 1,3 dimetil-xantina; la teobromina è una 3,7 dimetil-xantina.
Da tempo è noto che le xantine sono capaci di inibire la fosfodiesterasi, enzima che catalizza la conversione dell’cAMP in 5 AMP (inattivo). Ne consegue pertanto l’accumulo intracellulare di cAMP, non per una sua aumentata produzione, bensì per un prolungamento dell’emivita da inibita degradazione.

Schermata 2015-11-01 alle 17.54.28Queste premesse hanno indirizzato diversi autori verso l’utilizzo topico delle xantine nel defluvio androgenetico a concentrazioni variabili dallo 0,2 al 2% nel tentativo di allungare la fase anagen. D’altra parte numerosi studi in vivo ed in vitro hanno messo in evidenza le proprietà di penetrazione transcutanea delle xantine (Bronaugh R.L. – Feldmann R.J. – Rogers J.G. – Zesch A.). I risultati di questo tipo di approccio terapeutico, controllati con il tricogramma, sono stati decisamente interessanti (Seiler W.G.) e pertanto, considerata anche la loro assoluta innocuità, possiamo considerare che le xantine, in particolare la caffeina e la teofillina, potrebbero essere utilizzate come farmaci topici di routine nel trattamento precoce della calvizie comune.
Le xantine rappresentano quindi il prototipo del farmaco che agisce attivando il sistema delle proteine chinasi e modulando la disponibilità energetica per le sintesi proteiche del capello.

Anche la fibrosi e l’infiammazione sembrano svolgere un ruolo nella patogenesi dell’aga, per questo motivo risulta utile l’uso di antinfiammatori ed antifibrotici:

  • Idrocortisone
  • Ketoconazolo
  • Aminexil

La terapia topica corticosteroidea in tricologia viene generalmente sconsigliata dalla maggior parte degli autori. I cortisonici fluorurati hanno provocato, con il loro uso ed abuso, danni cutanei come atrofia, acne steroidea, dermatite periorale etc. Riteniamo però che la maggior parte di questi danni siano in realtà da attribuire all’alogeno introdotto nella molecola per esaltarne la potenza ed allungarne l’emivita e che i corticosteroidi debbano essere attentamente rivalutati. Esaminiamo le ragioni per cui riteniamo valido usare corticosteroidi, particolarmente l’idrocortisone (cortisolo) nella terapia locale del defluvio androgenetico.

1) In caso di seborrea l’uso di un blando corticosteroide non alogenato è certamente utile per controllare l’eritema e la desquamazione oltre che per rimuovere il sebo, mettendo così la cute in condizioni di poter ricevere meglio le altre terapie topiche.

2) Il cortisolo (idrocortisone) facilità le attività mediate da cAMP (Iizuka H. – Voorhees J.), probabilmente mediante un blocco della fosfodiesterasi (Zanussi C.), forse anche attivando l’adenilciclasi, e contribuisce così ad attivare il metabolismo energetico del tricocheratinocita.

3) Il cortisolo attiva la neoglicogenesi delle cellule della matrice e della papilla del bulbo pilifero, analogamente a quanto avviene nel fegato. Il glicogeno si accumula nel citoplasma cellulare durante il telogen e viene consumato durante l’anagen (De Villez R.L.). Il cortisolo consente quindi una produzione di glicogeno garante della omeostasi glicidica ed energetica del capello.

4) Il cortisolo si lega debolmente ai recettori degli androgeni, riduce l’attività enzimatica della 5 alfa reduttasi e compete, sia pur blandamente, con il diidrotestosterone per il recettore citosolico.

5) Il cortisolo è probabilmente capace di incrementare i fenomeni di aromatizzazione del follicolo pilifero, analogamente a quanto dimostrato nel tessuto adiposo (Salerno R.).
L’uso topico di cortisonici può quindi risultare vantaggioso dato che si pone a cavallo fra le terapie endocrine e quelle intese a modulare, attraverso il sistema adeniciclasi-cAMP, il metabolismo energetico del bulbo pilifero.

6) Il cortisolo è certamente utile a contrastare i fenomeni infiammatori follicolari e perifollicolari che accompagnano il defluvio androgenetico e che, esitando in fibrosi, contribuiscono a determinarsi delle fasi finali della alopecia androgenetica.

I cortisonici risultano particolarmente utili nella terapia degli effluvi nei quali centinaia di capelli entrano, quotidianamente e contemporaneamente, in fase telogen (con caduta acuta e vistosa di centinaia di capelli al giorno, tutti nella stessa fase del ciclo vitale).

Localmente, per applicazioni quotidiane, si può usare l’idrocortisone emisuccinato all’1-2% in preparazione galenica idro alcolica 70-80% , oppure l’idrocortisone 17-butirrato all’0,1% in alcol isopropilico 50% (specialità etica), il prednacinolone acetonide 0,05% in glicole propilenico e molte altre preparazioni etiche. Spesso l’effluvio si stabilizza e si arresta rapidamente, nel giro di qualche settimana, e ciò è anche strano se si considera che il telogen è di circa 100 giorni e che i capelli in telogen dovranno comunque cadere. Negli effluvi più “intensi” (molte centinaia e talvolta migliaia di capelli caduti ogni giorno) una fiala intramuscolare di 6-metilprednisolone acetato 40 mg, ripetuta ogni 7 giorni per 3 volte, fornisce spesso risultati spettacolari.

Schermata 2015-11-01 alle 17.55.43Alcune sostanze chimicamente correlate col minoxidil, in particolare il solfato di minoxidil, il dicloridrato di minoxidil, il triaminodil (2,6 diamino-4-pirrolidino-pirimidina-1-ossido), l’aminexil (2,4 diamino-pirimidina-3-ossido) sono state proposte il terapia.
Il solfato ed il dicloridrato di minoxidil sono, a differenza del minoxidil, solubili in acqua e questo può essere un vantaggio quando sia utile una preparazione di soluzioni ad uso topico con alcol basso (20 – 30%), poiché il solfato di minoxidil, che del minoxidil è il primo metabolita cutaneo, sembra sia il metabolita attivo, si suppone che il suo effetto possa essere analogo. Il triaminodil è una sostanza chimicamente molto simile al minoxidil che è stata usata il tricologia cosmetica molto prima che il minoxidil fosse immesso in commercio.

Oggi poiché il minoxidil non può essere usato in preparazioni cosmetiche e non può essere venduto senza ricetta medica, l’industria cosmetica propone come alternativa triaminodil e aminexil in alcune preparazioni per uso “tricologico” di libera vendita, questi principi attivi intervengono a livello perifollicolare limitando la sclerosi della guaina connettivale del follicolo pilifero.

Infine un ‘altra finalità della terapia sarà quella di ottimizzare la fase catagen del ciclo follicolare attivando i processi di aromatizzazione a livello del follicolo pilifero, attivando l’adenilciclasi ed i fattori di crescita ,metabolizzando il glucosio che sarà utilizzato durante la fase anagen successiva

  • Idrocortisone
  • Estrogeni (17 alfa estradiolo)